Trasferimento nei Villaggi Saharawi

  

Seconda avventura, riuscire ad arrivare dal popolo Saharawi e rientrare con i bambini in Italia per il periodo della loro accoglienza nel nostro paese.

Non è stato facile ma a Dakar sono riuscito a fare il biglietto per Tindouf con Air Algeri ( Dakar – Algeri – Tindouf ).

Domenica 26 giugno partenza per Algeri, le emozioni si susseguono, con la mia bicicletta stò per recarmi nei villaggi Saharawi.

L’aereo parte con 3 ore di ritardo e ad Algeri perdo la coincidenza per Orano, messo in lista di attesa aspetto l’ok ad un check in dove faccio amicizia con una hostess Huda, anche se la polizia non vorrebbe lei mi fa rimanere, così passo il mio tempo a parlarle.

Alle 3 finalmente partenza per Orano.

Prima fregatura, il taxi che mi porta all’albergo mi prende 10 €, poi mi dirà l’albergatore che il prezzo è di soli 300 dinari e cioè meno di 5 €.

L’albergo Tingad è ottimo ma a Orano è un po’ pericoloso e allora vengo accompagnato in banca per cambiare la moneta locale, il dinaro.

Lunedì 27 giugno aeroporto di Orano, volo cancellato per Tindouf, mi dicono che il prossimo sarà Venerdì, allora non perdo un attimo a spiegare la mia situazione e raccontare il mio viaggio per far capire che devo essere a Tindouf il giorno dopo; a questo punto mi dicono di aspettare e dopo molto tempo mi dicono che rimane un unica possibilità, a loro spese mi riportano ad Algeri e il giorno dopo ripartirò per Tindouf.

Ormai sono abituato ai tempi in Africa, non sai quando parti e non sai quando arrivi.

Però per un certo verso l’inconveniente è positivo, nella mia stessa situazione vi è una ragazza di nome Samirà di Tindouf che stava rientrando a casa.

Lei studia sociologia araba all’università Clen Sen di Orano, riesco a fare un po’ amicizia e filmo qualche cosa facendole un intervista, riesco pure a toccare le sue mani colorate di arancione, anche i piedi sono colorati come le mani e lo fanno con il succo di alcune bacche di henna, lei ha 22 anni e si sposerà con suo cugino.

Questa usanza di colorarsi le mani e i piedi è per apparire più belle paragonandosi alla colomba simbolo di bellezza con i piedi e il becco arancioni.

Mentre sono seduto al tavolino con lei sulla spiaggia, qualcuno mi nota e capisce che sono italiano, si avvicina e mi dice di aspettare che sarebbe andato a chiamare un altro italiano che vive ad Algeri.

Questo ragazzo è felicissimo di fare la mia conoscenza, mi porta in giro per la città e mi invita a ritornare, per visitare altre bellissime città algerine, ormai il terrorismo non c’è più e se dovessi tornare sarei suo ospite.

Anche se perdo un giorno per Tindouf ho avuto nuovi insegnamenti dal viaggio e ho scoperto con mano nuovi lati della loro cultura.

Martedì 28 giugno partenza per Tindouf, Samirà all’aeroporto non posso salutarla alla nostra maniera, infatti non posso nemmeno toccarla.

Casi della vita, al check in fila riconosco la hostess, mi sbraccio e la chiamo per nome, lei si alza in piedi e a sua volta mi riconosce.

Al mio turno spiego l’accaduto e anche lei dice che proprio l’altro giorno si parlava di casi della vita e proprio dopo 2 giorni non avremmo mai pensato di rincontrarci.

Mercoledì 29 giugno arrivo a Tindouf all’una di notte, il fronte polisario è ad aspettarmi all’aeroporto, un vento caldo già mi fa capire la temperatura che ci sarà nei villaggi che andrò a visitare.

In Toyota mi portano al protocollo di Raboni, mi fanno accomodare in una stanza dove passerò la notte, il mattino è subito traumatico, al mio risveglio alcune donne addette alle pulizie trovano uno scorpione nella mia stanza che viene subito catturato ed ucciso.

La mattina dopo colazione mi portano al protocollo di El-lajounne, la capitale dei villaggi Saharawi ( Auserd - Smara – Dhakla ) e in pratica hanno nominato i loro villaggi con i nomi delle loro città occupate.

Protocollo di El-Lajounne, 45 °C, sopporto bene il caldo, per arrivare qui da Raboni ci sono volute circa 2 ore di Toyota, sono in mezzo al deserto del Sahara Occidentale.

In serata arriva il governatore, Omar Mansur al quale consegno il messaggio del comune di Sarzana, è estasiato dalla mia impresa, di aver attraversato le loro terre occupate e portando ancora con me la coppia della cartina confiscata dai marocchini.

Omar mi dice che sono loro ospite e mi dice di andare e fare ciò che voglio in piena libertà.

Al protocollo vi sono anche dei romani che stanno lavorando ad un progetto per portare il cinema nel deserto.

La sera con la Toyota del governo ci portano sulle dune, l’autista si diverte a scarrozzare nel deserto, filmo e fotografo il tramonto, e appena è notte accendono il fuoco per fare un buon te e cuocere degli spiedini di carne di cammello, è qualcosa di spettacolare.

Soprattutto al calare della notte il cielo si illumina di stelle.

Rientro al villaggio in una corsa sfrenata, vicino al protocollo l’autista scopre uno scorpione con i fari, si ferma e lo uccide.

Ormai sono pronto a tutto e preferisco dormire in terra all’aperto, un materassino e due lenzuola mi bastano.

È mezzanotte e tutto si spegne, e alle 2 di notte sono ancora li con gli occhi aperti a vedere questo cielo pieno di stelle come se si potesse toccare con le mani, e con un venticello caldo la sensazione è unica.

Il 30 giugno al mattino mi fanno vestire da ciclista e con la mia bicicletta che ho rimontato mi fanno pedalare in questi villaggi fino ad arrivare ad Agunia, una Daira gemellata proprio con Sarzana, ho un accoglienza speciale, entro in una sala dove vi è il sindaco Aslut Bachiri, un folto gruppo di donne con bandiere e striscioni in Arabo e alcuni vecchi combattenti del polisario.

Il verso delle donne è assordante e io rimango sempre più sbigottito, finalmente mi raggiunge un interprete che mi traduce l’arabo in francese, mi vestono con il loro vestito Saharawi, il Dar’a, i vecchi ad uno ad uno prendono la parola e fanno di me uno di loro che con la tenacia e la forza di volontà sono arrivato da loro dopo aver visto le loro terre occupate e questo rafforza loro la speranza un giorno di essere liberi nel loro territorio.

Tutta la cerimonia è ripresa e verrà trasmessa nella loro TV locale la sera dopo dove mi chiamano a vederla e per loro sono un mito.

Molti adulti mi chiedono nelle loro terre come vivono, pensate che sono circa 30 anni che sono divisi e sono qui esiliati.

Poi riesco a recuperare una videocassetta del mio viaggio mentre passavo nelle loro terre, sono esterrefatto, ho la pelle d’oca nel vedere i visi di queste persone mentre guardano nel piccolo schermo della telecamera, e non sanno come ringraziarmi, metto tutta la mia forza per non piangere, io non ho vissuto mai la guerra essendo nato nel ’47 ed ora trovarmi qui in questa situazione mi lascia molto sconvolto.

Il protocollo è una struttura recintata da mura dove vi sono camere, gabinetti e cucine e dove un capo governa le persone che lavorano ai progetti di solidarietà, qui in bambini non possono entrare e c’è anche un gruppo elettrogeno che alimenta solo il protocollo.

Nel pomeriggio tutto si ferma mentre io armato di videocamera e macchina fotografica inizio a curiosare nel villaggio, porto con me anche il termometro  che oggi si aggira sui 46°C, il mio fisico reagisce molto bene al caldo e riesco a passeggiare tranquillamente.

Una bimba mi vede, mi viene incontro e in spagnolo mi chiede se mi sono perso e le spiego che stò visitando il villaggio, mi invita nella sua casa, mi offre dell’acqua e mi racconta la storia della sua famiglia che io riprendo con la telecamera.

A sera il villaggio si rianima, le poche attività riprendono e i giovani sino dopo il tramonto giocano a pallone scalzi.

Dopo aver cenato sempre e soprattutto a base di cammello non vedo l’ora di rifarmi il letto nel piazzale del protocollo per godermi un'altra notte stellata nel deserto.

Il giorno successivo continuo il mio giro, un muratore stà costruendo una casetta, mi dice che lavora fino alle 11 e 30, poi viene troppo caldo, sta mettendo tra un mattone e l’altro un impasto di sabbia e cemento, tutto a mani nude, senza cazzuola.

Ho l’occasione nel mio girovagare di essere invitato da molti nelle loro tende a prendere il te saharawi, è un rito affascinante, se ne bevono 3 e ognuno ha un sapore e un significato diverso, il primo dicono è amaro come la vita, il secondo è dolce come l’amore e il terzo è soave come la morte.

Purtroppo non ho molto tempo a disposizione per potermi fermare con qualche famiglia e rendermi conto veramente come vivono, ma mi è bastato entrare in queste tende per capire che questo popolo è veramente cordiale e semplice.

Visitando questi villaggi dei profughi saharawi, capisco che sono bene organizzati e sfruttano al massimo le varie attrezzature e materiali donati dalla solidarietà, ed è forte in loro la voglia di progredire per essere pronti a sfruttare le risorse del loro paese quando sarà di nuovo libero.

Oggi mi viene a trovare il sindaco Aslut Bachiri per consegnarmi un messaggio per il mio sindaco Massimo Caleo, la cassetta originale della cerimonia e la bandiera dei Saharawi.

Devo ripartire, mi fanno sapere che sarò riportato al protocollo di Raboni e sarò poi imbarcato sull’aereo con i bambini come previsto.

Il mattino quindi il trasferimento a Raboni, pranzo con i ragazzi e le ragazze che ho conosciuto al mio arrivo, rimane il tempo per prendere un caffè nella camera delle ragazze e raccontare un po’ dei miei giorni passati a El-Lajounne.

Trasferimento sempre con il polisario all’aeroporto di Tindouf, di giorno fa un altro effetto passare i controlli da trasportato speciale però pure qui devo indossare il turbante e occhiali, andiamo in città a fare compere, non devo scendere e non devo parlare.

All’aeroporto una marea di bambini che vengono imbarcati una parte in Italia e una parte in Spagna.

A mezzanotte sembra tutto pronto, per ultimo entro nella sala di partenza, il polisario mi saluta e mi dice che l’aereo arriverà con un po di ritardo, tutti se ne vanno e poco dopo la sorpresa, l’aereo non arriva.

Immaginate i bambini che devono rientrare ai villaggi e io al protocollo di Raboni, visto che nell’aeroporto militare non si può stare tutti ammassati su dei mezzi di fortuna.

Alle 2 e 30 rientro al protocollo, per fortuna Lorena, una delle ragazze è ancora alzata e vista la situazione insiste che io vada a dormire nella sua camera.

Al mio risveglio trovo un biglietto…

Anche questo disguido dell’aereo dell’Air Algeri ha rafforzato in me la convinzione che nel mondo esistono ancora molte persone che vogliono del bene.

Prenderò l’aereo il 05 luglio per Roma, tutti i voli civili vengono fatti di notte arrivando a Roma così al mattino, arrivo sino a Livorno con il gruppo dei bambini affetti dal morbo di celiaco e poi proseguo per Lerici con il bambino Sidi Moulud che dovrà essere operato al timpano.

Questa esperienza è arrivata in profondità nel mio cuore, spero di fare qualcosa per questo popolo.

 

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